#testimonianzepreziose: il racconto di Donatella Pagani, coordinatrice Covid 2 di Saronno

Ultima modifica: 21 Marzo 2022

La RedazioneWeb intervista Donatella Pagani, coordinatrice dell’ Unità COVID 2 di Saronno: “Un’esperienza che ci ha segnato e che lascerà una traccia indelebile”.


Buongiorno Donatella. Per chi non ti conosce, vuoi dirci brevemente cosa facevi prima di diventare Coordinatrice dell’ Unità COVID 2 di Saronno?
Ho iniziato a lavorare all’ Ospedale di Saronno nel settembre del 1985 come infermiera nel reparto di Pediatria. Nel ruolo di Coordinatore, dal 1992, ho avuto diverse esperienze: Poliambulatorio, Sala Operatoria, U.O Polispecialistica, Centro Psico Sociale ed infine Ortopedia e Traumatologia, il mio attuale incarico.
Tante esperienze diverse, ma nulla di paragonabile a quelle che hai dovuto affrontare in questa circostanza, immagino …
Passare da un ambito chirurgico a quello medico non è stato semplice; riorganizzare il reparto in poco tempo per far fronte all’emergenza in corso ha coinvolto tutta la squadra. Abbiamo definito nuovi percorsi e soprattutto sviluppato nuove procedure e competenze assistenziali.
Con che spirito avete affrontato questo impegno?
Ammetto che in un primo momento ha prevalso lo smarrimento: ci siamo trovati a far fronte a qualcosa di sconosciuto e di più grande di noi ed abbiamo avuto paura della malattia, del rischio di esser contagiati e di esporre al contagio anche le nostre famiglie. Poi però ha prevalso la consapevolezza che solo imparando a conoscere questo nemico saremmo stati in grado di combatterlo. Comunque, abbiamo sentito in maniera molto forte la responsabilità che gravava sulle nostre spalle.
Cosa ti resterà più impresso di questa tua esperienza?
Per prima cosa la professionalità e la serietà di ogni singolo operatore, che queste circostanze hanno fatto emergere e che è diventata voglia di farcela e di non arrenderci, per i nostri pazienti e per noi.
Poi la collaborazione, il lavoro di gruppo, o meglio, di squadra; l’unione fra professionisti, uniti contro la malattia. Abbiamo condiviso esperienze professionali e sentimenti individuali, sviluppando la consapevolezza che siamo persone oltre che professionisti, e che dovevamo sorreggerci reciprocamente nel sopportare la fatica fisica e lo stress psicologico quotidiano.
E quindi il supporto, non solo quello reciproco tra colleghi ma soprattutto quello da prestare ai nostri pazienti isolati dalle loro famiglie, in particolare agli anziani con gravi difficoltà respiratorie e non in grado di comunicare con i loro cari, per i quali siamo diventati, in un certo modo, la loro “famiglia”.
Come vuoi concludere questo incontro?
Questa esperienza ha sicuramente segnato tutti noi e lascerà una traccia indelebile, ma ci ha permesso di riscoprirci nella nostra professionalità e ci ha uniti come gruppo. Confidiamo ad un ritorno alla “normalità” al più presto, ma ora più che mai sappiamo che nulla sarà come prima, che nulla è scontato e tutto è imprevedibile.
Allora ci salutiamo…
Ci salutiamo, ma ne approfitto per ringraziare tutti coloro che hanno lavorato con noi per rispondere al meglio a questa criticità e tutti i colleghi che ci hanno supportato nell’ impegno quotidiano.