Ultima modifica: 02 Ottobre 2024
Chirurgia protesica di anca, chirurgia di revisione protesica: Dr A. Pascazio
L’utilizzo di un impianto protesico a doppia mobilità, nostra specificità, è una soluzione avanzata per la chirurgia di sostituzione dell’anca, progettata per ridurre il rischio di lussazione e migliorare la mobilità post-operatoria. Questa protesi è caratterizzata da due snodi articolari che consentono un doppio movimento, offrendo una maggiore stabilità e una sensazione più naturale per il paziente. Inventata negli anni ’70 in Francia, la protesi a doppia mobilità è particolarmente indicata per pazienti con un rischio elevato di lussazione, come gli anziani o i pazienti affetti da patologie neuromuscolari. Studi recenti hanno dimostrato che è anche molto efficace per i pazienti giovani, grazie alla sua capacità di rispondere alle elevate richieste funzionali e di ridurre l’usura dell’impianto nel tempo.
Chirurgia protesica di ginocchio, chirurgia di revisione protesica: referente Dr A. Pascazio
L’allineamento cinematico (KA) per la protesi di ginocchio, nostra specificità, è una tecnica innovativa che mira a personalizzare l’intervento in base alla specifica anatomia del paziente. A differenza dell’allineamento meccanico tradizionale, che cerca di creare un arto “dritto” e neutro, l’allineamento cinematico ricostruisce la linea articolare originale del ginocchio, rispettando la morfologia naturale del femore e della tibia. La personalizzazione riduce il rischio di dolore persistente, di rigidità ed instabilità post-operatori. Ripristinando la cinematica naturale del ginocchio, i pazienti tendono a recuperare più rapidamente e con una sensazione di maggiore naturalezza.
Fast Track
Per la gestione del paziente che si sottopone a chirurgia di sostituzione protesica, abbiamo elaborato dei protocolli di Fast Track, con lo scopo di gestire:
- Preparazione pre-operatoria, attraverso una valutazione completa dello stato di salute del paziente per ridurre i rischi durante l’intervento
- Tecniche chirurgiche minimamente invasive che riducono il trauma ai tessuti
- Controllo del dolore post-operatorio, permettendo al paziente di alzarsi e muoversi il prima possibile
- Riabilitazione precoce per favorire un recupero rapido e ridurre i tempi di degenza
Questo approccio offre soluzioni più sicure e confortevoli per i pazienti, apportando numerosi benefici come:
- Riduzione della degenza ospedaliera
- Minori complicazioni post-operatorie e minor rischio di infezioni
- Maggiore coinvolgimento del paziente che partecipa attivamente al proprio percorso di recupero, migliorando così i risultati complessivi
Risparmio di sangue – Patient Blood Management
Aspetto cruciale per migliorare i risultati post-operatori e ridurre le complicazioni in chirurgia protesica è il risparmio di sangue. Il Patient Blood Management (PBM) è un approccio multidisciplinare che mira a ottimizzare la gestione del sangue del paziente prima, durante e dopo l’intervento chirurgico.
Include:
• Valutazione pre-operatoria: Identificazione e trattamento di eventuali carenze di ferro o anemia.
• Tecniche chirurgiche minimamente invasive per ridurre il sanguinamento intraoperatorio; emostasi accurata; evitare l’utilizzo del laccio ischemico per individuare e cauterizzare prontamente vasi sanguinanti; ricorrere all’anestesia spinale per mantenere la pressione arteriosa bassa e consentire una migliore emostasi.
• Uso di farmaci emostatici per migliorare la coagulazione del sangue, come l’acido tramexamico in vena e matrici emostatiche con trombina in sede d’intervento.
• Evitare l’uso di drenaggi
• Mantenere postura al letto con flessione dell’arto operato e ghiaccio per ridurre il sanguinamento nelle prime ore, in attesa si attivino meccanismi naturali di emostasi
Chirurgia di spalla e chirurgia artroscopica: referente Dr.ssa L. Negri
Le patologie della spalla trattate spaziano dal conflitto subacromiale, rottura della cuffia dei rotatori, patologie del tendine del capo lungo del bicipite, tendinite calcifica, instabilità anteriore di spalla, rigidità idiopatica o secondaria, artrosi primaria o secondaria, alla traumatologia della spalla e fratture del cingolo scapolo-omerale.
Chirurgia artroscopica di spalla:
La chirurgia artroscopica permette di ottenere il miglioramento della funzionalità della spalla e del dolore attraverso un approccio poco invasivo, che riduce al minimo le possibili complicanze post-operatorie e la durata della degenza.

Sonda luminosa
La tecnica artroscopica consiste nell’introduzione di una sonda luminosa, l’ottica, all’interno del distretto anatomico, passando attraverso piccole incisioni cutanee (dette portali), situate in quadranti strategici. L’ottica è connessa a una telecamera, tramite la quale è possibile visualizzare l’ambiente articolare su di un monitor esterno. Le immagini proiettate sul monitor permettono una visualizzazione completa e ingrandita delle strutture anatomiche, da cui conseguono una diagnosi precisa e una chirurgia rapida e scarsamente traumatica. Questa viene effettuata tramite strumenti chirurgici di pochi millimetri di diametro. Sebbene la chirurgia artroscopica sembri “facile”, tuttavia questa necessita da parte del chirurgo di una eccellente conoscenza della anatomia normale e artroscopica, dello strumentario e di una buona coordinazione manuale che renderanno accessibili quadranti articolari una volta non raggiungibili con la chirurgia tradizionale. La riparazione della cuffia dei rotatori viene eseguita fissando all’osso della testa omerale delle ancorette, ovvero piccole viti in titanio o acido polilattico a cui sono ancorati fili di sutura non riassorbibili ad alta resistenza, utilizzati reinserire il tendine lacerato. Simili ancorette vengono utilizzate anche per riparare il cercine glenoideo, una struttura a forma di anello presente sulla parte anteriore della glena, nel trattamento dell’instabilità anteriore.
Chirurgia protesica di spalla
La chirurgia protesica di spalla consiste nella sostituzione delle parti danneggiate dell’articolazione con componenti artificiali. La protesi inversa è la tipologia di impianto più comunemente utilizzata, indicata nei casi in cui il complesso tendineo della cuffia dei rotatori sia compromesso per età o usura. In questo impianto una componente emisferica viene fissata alla scapola, mentre la superficie concava si trova sul versante omerale. Come per la protesica di anca e ginocchio, anche per la protesica di spalla viene applicato un protocollo di cura che prevede:
- valutazione pre-operatoria dello stato di salute del paziente e dello stato dell’articolazione, mediante studio TC e ricostruzioni 3D, attraverso le quali viene eseguita un’accurata pianificazione pre-operatoria per la scelta delle componenti dell’impianto
- utilizzo di un accesso chirurgico che limiti al minimo il traumatismo dei tessuti
- esecuzione di un’accurata emostasi intra-operatoria; uso di farmaci emostatici per migliorare la coagulazione del sangue, come l’acido tranexamico e matrici emostatiche con trombina
- evitare l’uso di drenaggi
- particolare attenzione al controllo del dolore post-operatorio, per permettere una mobilizzazione precoce
- ove possibile, avviare quanto prima il protocollo riabilitativo, tramite stretta collaborazione con il servizio di Fisiatria
- coinvolgere attivamente il paziente nel proprio percorso di recupero
Chirurgia artroscopica e ricostruttiva di ginocchio: referente Dr E. Placenza
Lo staff della nostra Unità lavora da sempre in stretta sinergia con il mondo dello sport, avendo maturato esperienza con varie realtà sportive professionistiche del territorio.
Negli anni abbiamo perfezionato competenze in tutte le patologie sportive ma con particolare riguardo per i traumi distorsivi del ginocchio.
Vengono trattate:
- lesioni muscolari e tendinee
- lesioni osteo-condrali
- lesioni meniscali: privilegiando la sutura meniscale alla meniscectomia, ove possibile. Il trattamento più frequente per le lesioni meniscali è la “meniscectomia selettiva”, ossia la rimozione della parte di menisco lesionata, se localizzata in zona poco vascolarizzata. Le lesioni meniscali più periferiche, che riguardano la zona vascolarizzata del menisco, vengono invece preferibilmente sottoposte a sutura meniscale con tecnica OUTSIDE-IN o ALL-INSIDE, soprattutto nei pazienti più giovani. Questo tipo di intervento consiste nella riparazione, anziché dell’asportazione, della porzione di menisco lesionata, in modo da conservare tutta la superficie meniscale, garantendo il minor rischio possibile di artrosi post traumatica
- lesioni dei legamenti crociati (LCA e LCP)
Lesione del LCA (legamento crociato anteriore)
La rottura del legamento crociato anteriore (LCA) è molto frequente, specie in chi pratica sport di alto impatto come il calcio, lo sci, il volley e il basket. I sintomi possono variare in modo significativo da paziente a paziente; il quadro tipico prevede un dolore intenso, gonfiore molto marcato che insorge rapidamente e sensazione di cedimento con importante limitazione funzionale. La diagnosi si basa sul racconto del paziente e sull’esame clinico che si avvale di opportuni test per valutare la stabilità passiva del ginocchio, oltre che sull’esito di esami di imaging (radiografie e RMN). La scelta del tipo di terapia da seguire (conservativa o chirurgica) è complessa e deve tener conto di numerosi elementi: età del paziente, grado di instabilità, presenza o meno di lesioni associate (lesione del menisco, della cartilagine o di altri legamenti) e livello di attività sportiva. La lesione di LCA nei giovani e negli sportivi pone in genere indicazione alla terapia chirurgica. Nel caso in cui non si proceda alla ricostruzione, fondamentale è l’approccio fisioterapico riabilitativo. La tecnica comunemente utilizzata prevede l’utilizzo di un autotrapianto autologo, gracile, semitendine o in alternativa tendine rotuleo. È possibile procedere alla ricostruzione di LCA in anestesia spinale, in anestesia loco regionale (impiegando il blocco nervoso periferico dei nervi dell’arto inferiore) o in anestesia generale. La scelta del tipo di anestesia è indifferente dal punto di vista chirurgico e in genere viene fatta dall’anestesista di sala operatoria, tenendo conto, per quanto possibile, delle richieste e delle preferenze del paziente.
Chirurgia del piede: referente Dr.ssa L. Alberton
ALLUCE VALGO
L’alluce valgo è una deformità del primo dito del piede, caratterizzata dalla deviazione all’interno del primo osso metatarsale e all’esterno del primo dito, che crea un’angolazione patologica dell’alluce con arrossamento e flogosi a livello della testa del 1°metatarso.
La genesi spesso è dovuta a più fattori. L’alluce valgo colpisce molto più le donne rispetto agli uomini per ragioni legate l’assetto ormonale femminile rispetto a quello maschile. L’uso di scarpe strette e con il tacco può favorire l’insorgere della patologia, ma in realtà l’evoluzione del piede è nel codice genetico. I tacchi alti non sono comunque la causa dell’alluce valgo. Uno dei tanti fattori di rischio di cui tenere conto è la lassità legamentosa, tipica del sesso femminile, che può manifestarsi anche in giovane età.
Altri fattori predisponenti possono essere il piede piatto (Sindrome pronatoria) o la presenza di malattie sistemiche come l’Artrite reumatoide. Per molto tempo un alluce valgo può restare del tutto asintomatico. L’uso di scarpe particolari (strette, con il tacco, antinfortunistiche ecc.) o una marcia prolungata possono accompagnarsi all’inizio di una sintomatologia dolorosa alla base dell’alluce con segni di infiammazione alla testa del 1° metatarso. In alcuni casi i sintomi aumentano di intensità fino a determinare serie difficoltà nel calzare scarpe comuni e limitare la deambulazione. Il cattivo appoggio del piede porta a veri e propri squilibri posturali che possono essere all’origine di problemi a carico di altre articolazioni soprastanti (caviglia, ginocchio, anca, colonna).
La chirurgia percutanea mini-invasiva prevede gli stessi step chirurgici della tecnica open, ma senza l’incisione che espone l’articolazione a favore di minibrecce e senza l’utilizzo di mezzi di sintesi se non fili di Kirschner, che vengono rimossi poi senza lasciare mezzi di sintesi in situ. La chirurgia mini-invasiva prevede l’esecuzione di piccoli fori in cui vengono inseriti gli attrezzi chirurgici: microfrese dedicate, lavorando con l’aiuto dell’amplificatore di brillanza, che consente la visualizzazione su monitor delle strutture interne.
Si procede alla sezione della parte ossea sporgente e all’osteotomia sottocapitata del 1° mts riposizionando il metatarso centralmente. La durata dell’intervento per l’alluce valgo è di circa 30 minuti. Viene eseguita in anestesia locale/ blocco periferico al ginocchio o al piede, per cui la dimissione del paziente è più rapida. Dopo l’intervento è possibile deambulare senza problemi con una apposita calzatura. Dopo un mese, sarà possibile indossare nuovamente delle scarpe comode e dopo 2-3 mesi si potrà riprendere la pratica sportiva.
Fascite plantare
La fascite plantare è un disturbo caratterizzato da infiammazione e dolore al legamento arcuato che attraversa la parte inferiore del piede e collega il tallone con la base delle dita dei piedi. Il legamento arcuato svolge un ruolo di primaria importanza nella trasmissione del peso corporeo al piede mentre si cammina e si corre e viene sottoposto a stress in particolare durante la corsa o il salto. La fascite plantare è molto frequente negli sportivi, ma può insorgere anche nei soggetti in sovrappeso o obesi, nelle donne in gravidanza e a causa dell’utilizzo di scarpe che mettono sotto eccessivo stress il tallone e il legamento arcuato del piede. La fascite plantare è una delle cause più comuni di tallonite. Il dolore è generalmente più acuto al mattino, quando ci si alza dal letto. Dopo aver effettuato i primi movimenti tende a diminuire, per riacutizzarsi dopo essere stati seduti a lungo.
Il legamento arcuato del piede funziona come una corda che ammortizza il peso del corpo e i movimenti: quando la tensione è eccessiva il legamento può lacerarsi e infiammarsi, dando luogo alla fascite plantare.
Tra le principali cause alla base di questo disturbo troviamo:
- La pratica di alcune attività sportive come la corsa, il basket, il tennis e il calcio, che sollecitano molto il legamento arcuato del piede.
- La presenza di particolari conformazioni del piede che possono portare a camminare in una maniera scorretta (come il piede piatto o il piede cavo).
- L’utilizzo di scarpe inadatte come quelle con la suola piatta, che non forniscono il giusto supporto al legamento arcuato del piede, oppure con i tacchi alti, che favoriscono la retrazione del tendine d’Achille (dando vita, in entrambi i casi, a un eccessivo stress del tallone e del legamento arcuato).
Altri fattori che possono aumentare il rischio di sviluppare la fascite plantare sono: l’età (questo disturbo è più comune tra i 40 e i 60 anni); la presenza di sovrappeso o obesità; lo svolgimento di mansioni lavorative che costringono a stare in piedi per molte ore del giorno.
Per prevenire l’insorgenza della fascite plantare è consigliabile:
- Mantenere il peso corporeo nella norma, per ridurre al minimo lo stress sul legamento arcuato del piede.
- Utilizzare scarpe adatte all’attività sportiva praticata e non indossare scarpe da ginnastica logore per avere sempre un buon sistema di ammortizzamento.
- Evitare il più possibile di indossare scarpe dalle suole piatte e dai tacchi troppo alti
Il medico effettuerà una visita accurata del piede, durante la quale verificherà la presenza e la sede della sintomatologia dolorosa percepita. Lo specialista potrà anche consigliare al paziente esami di imaging (radiografia o risonanza magnetica) per assicurarsi che all’origine del dolore non ci sia un’altra causa (come, ad esempio, una lesione o uno schiacciamento di un nervo).
Tra le terapie previste per risolvere questa condizione, si trovano: l’approccio farmacologico, volto ad alleviare i sintomi della fascite plantare mediante la somministrazione di farmaci anti-infiammatori non steroidei e corticosteroidi; l’approccio di”rinforzo” con stretching ed esercizi di rafforzamento e l’uso di dispositivi specializzati (stecche, plantari); approccio fisioterapico e approccio chirurgico soprattutto mininvasivo tramite breccia cutanea mediale al calcagno con apposite frese si pratica release della fascia e regolarizzazione dello sperone calcaneare con buona risoluzione della sintomatologia algica e ripresa immediata della deambulazione e all’attività sportiva dopo 30 giorni.
Le fratture del femore
La nostra U.O si occupa di Traumatologia con particolare attenzione alla traumatologia dell’anziano.
La maggior attività è focalizzata sul trattamento delle fratture di femore con osteosintesi con inchiodamento nelle fratture laterali (pertrocanterica e sotto trocanterica) e impianto di artroprotesi nelle fratture mediali (sottocapitata).
L’intervento viene precocemente eseguito (preferibilmente entro 48 ore ove non ci siano controindicazioni legate allo stato di salute o alla terapia dei pazienti stessi) e rapidamente seguito dall’inizio della fisioterapia già in prima giornata postoperatoria al letto del paziente.
La fisioterapia è volta da subito al recupero dell’autonomia nei cambi posturali e nel mantenimento della posizione seduta con miglioramento dell’outcome respiratorio. Ove sia possibile viene precocemente ripresa la deambulazione con ausilii ed assistenza.
Particolare attenzione è posta poi alle esigenze dei famigliari con possibilità di colloquio quotidiano con il medico e attivazione, ove necessario, del percorso di dimissione protetta. La dimissione può avvenire con contestuale ricovero in struttura riabilitativa di tipo intensivo o estensivo o programmazione del rientro a domicilio con prescrizione dei presidi necessari (letto ortopedico con sponde, materasso antidecubito e carrozzina comoda) ed attivazione della fisioterapia in ADI.