“Di bullismo e cyberbullismo fortunatamente si parla sempre di più, benché a volte in modo poco preciso, anche perché sono fenomeni che, purtroppo, riguardano un numero crescente di bambini e ragazzi” afferma il Dott. Andrea Calcaterra, Responsabile della S.S.D. Governo Psicologia Clinica del Dipartimento di Salute Mentale e delle Dipendenze di Gallarate, “Partiamo dal bullismo: si tratta, come noto ai più, della messa in atto, da parte di un individuo o gruppo di individui, di un comportamento aggressivo nei confronti di un coetaneo, che si caratterizza per essere intenzionale, persistente nel tempo e portatore di uno squilibrio di forza/potere nella relazione, a scapito della vittima”.
E il cyberbullismo? Allo stesso modo del bullismo offline, è una forma di prevaricazione intenzionale e ripetuta nel tempo, condotta da un individuo o da un gruppo di individui – mediante strumenti elettronici (internet e tecnologie digitali) – contro una vittima impossibilitata a difendersi.
Chiaramente vi è quindi un legame tra bullismo e cyberbullismo (del resto alcune ricerche mostrano come le vittime di bullismo tradizionale siano più a rischio di diventare anche vittime di cyberbullismo), ma vi sono anche sostanziali differenze e specificità, basate sulla presenza/assenza della componente fisica/corporea, che può implicare o meno una conoscenza reale tra bullo e vittima, peraltro non certo da escludere anche nel caso del bullismo online. Inoltre, il bullismo tradizionale è un fenomeno circoscritto a determinati momenti della giornata, ad esempio l’orario scolastico, mentre il cyberbullismo continua “sempre” e “ovunque”, senza limiti di tempo o di spazio.
La frequenza e la gravità del bullismo, sia offline sia online, possono ovviamente essere di diversa entità.
“Il cyberbullismo amplifica le caratteristiche di quello in presenza: si tratta di un fenomeno complesso e sfaccettato, determinato sia dal tipo di tecnologie (chat room, sms, blog, telefonate, mail, social network), sia dalle modalità utilizzate dall’aggressore, quali inviare messaggi violenti, volgari o minatori, danneggiare la reputazione, rubare l’identità, escludere la vittima dai gruppi online, diffondere in rete materiale sensibile riguardante la vittima contro la sua volontà” sottolinea il Dott. Andrea Calcaterra.
Perché il bullo bullizza? “Per lo più per motivazioni che originano dal profondo della personalità ma che sono, in ogni caso, legate ad un fondamentale senso di inadeguatezza, che si accompagna, da un lato ad una bassa autostima, nascosta dal tentativo di prevaricare; dall’altro, alla mancanza di empatia, in particolare nella sua componente affettiva, cioè nella capacità di “sentire”/provare le emozioni degli altri (mentre è adeguata la capacità di immaginare cosa c’è nella mente altrui, che infatti viene ben utilizzata dall’aggressore per individuare le vittime potenziali). Pertanto, i comportamenti antisociali del giovane prevaricatore, non di rado connessi anche a problematiche che vanno dall’abuso di sostanze alle condotte criminali, sono spesso il riflesso di un’intima fragilità e sofferenza”, prosegue il Dott. Calcaterra.
In modo più specifico, nel cyberbullo si allentano i freni inibitori morali e si affievoliscono i sentimenti di colpa, che limitano la percezione soggettiva dell’atto aggressivo per quello che è. Questo è facilitato anche da alcuni aspetti di contesto quali, per citarne alcuni, la percezione di anonimato derivante dall’uso di strumenti digitali, l’assenza di contatto e di relazione diretta con la vittima (che non consente di riscontrare direttamente la sofferenza arrecata), gli atteggiamenti socialmente condivisi di intolleranza o pregiudizio verso persone con disabilità o appartenenti a minoranze di vario tipo, la partecipazione degli “spettatori”, che osservano ma non intervengono a favore della vittima e addirittura possono diffondere il materiale “incriminato” sui social network, alimentando un vero e proprio processo di vittimizzazione.
Chi sono invece le vittime? “Lo stereotipo vuole che le vittime siano soggetti ansiosi, calmi e poco aggressivi o con un’eccessiva passività nelle relazioni interpersonali. Tuttavia, le azioni del bullo possono colpire anche un coetaneo particolarmente attraente o eccellente in ambito scolastico o sportivo: la diversità dal resto del gruppo è un fattore rilevante. Uno degli elementi che accomunano le vittime di bullismo sembra però essere la scarsa capacità di essere assertivi, ovvero di esprimere e affermare sé stessi” spiega il Dott. Calcaterra.
A conclusione di questa breve panoramica, rimane in primo piano l’amara constatazione che, ancora troppo spesso, la percezione della gravità degli atti di bullismo, di quello online forse ancora di più, è molto limitata, sia nei genitori sia negli adolescenti, e comporta, a tutt’oggi, una pericolosa e inevitabile sottovalutazione dei rischi psicosociali.
La Dott.ssa Mara Sciorra Dirigente Psicologa presso la S.C. Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza fornisce un approfondimento per quanto attiene ASST Valle Olona e ciò che l’azienda sta mettendo in atto per combattere questi fenomeni dilaganti.
D. Quanti sono i soggetti attualmente in cura presso ASST Valle Olona vittime dei fenomeni di bullismo e cyberbullismo?
Definire chiaramente il numero di persone prese in carico nelle strutture pubbliche in quanto vittime di bullismo o cyberbullismo non è affatto semplice, perché difficilmente giungono all’attenzione dei servizi, nonostante la loro grande sofferenza psicologica. Il rischio è dunque che il fenomeno rimanga, in massima parte, sommerso ed emerga solo in occasione di ricerche protette dall’anonimato.
Tuttavia, secondo i dati 2022 del Sistema di Sorveglianza HBSC Italia (Health Behaviour in School-aged Children – Comportamenti collegati alla salute dei ragazzi in età scolare), bullismo e cyberbullismo sono un fenomeno che colpisce, in Italia, circa il 15% dei ragazzi, con una percentuale del 20% nei bambini di 11 anni (1 su 5), che scende al 10% negli adolescenti di 15 anni, senza significative differenze su base regionale. Se si confrontano i dati con quelli risalenti al biennio 2017-2018, si può riscontrare una certa stabilità in relazione alla frequenza degli atti di bullismo, mentre il cyberbullismo è aumentato nei ragazzi di 11-13 anni per la diffusione sempre maggiore dei social media, in particolare YouTube, Instagram e TikTok.
Tali dati non stupiscono se si pensa a quanto l’attuale generazione sia sempre più “iperconnessa”: il 22% degli adolescenti, infatti, rimane collegato per più di 5 ore al giorno, principalmente per chattare (il 60% nel 2021, il 70% nel 2022). E cresce, rispetto agli anni precedenti, anche la percentuale di minorenni che naviga su Internet senza alcuna supervisione adulta (59% nel 2021, il 63% nel 2022).
D. Sono maggiormente vittime le ragazze o i ragazzi?
Secondo gli stereotipi le ragazze dovrebbero giocare più spesso il ruolo della vittima (e i ragazzi quello del bullo). In realtà, non esistono differenze di genere significative rispetto alle probabilità di essere vittime di bullismo, al netto di una lieve prevalenza complessiva del cyberbullismo a danno delle ragazze. Può essere invece diversa, benché non generalizzabile, la modalità della prevaricazione subita, reale o virtuale che sia, a seconda che sia stata messa in atto da maschi oppure da femmine.
D. Come possono i genitori accorgersi che il proprio figlio/a ne è vittima? Quali i campanelli d’allarme da non sottovalutare?
Si parte dal “silenzio delle vittime”: frequentemente i ragazzi non parlano, per vergogna o anche per scarsa fiducia negli adulti e nelle loro possibilità di intervento, del loro essere vittime di atti di bullismo o cyberbullismo.
Tuttavia, ci sono alcuni segnali che i genitori possono attenzionare come possibili campanelli d’allarme, che sono soprattutto cambiamenti nei comportamenti e nelle abitudini dei propri figli, quali: la difficoltà nell’alzarsi dal letto, un rifiuto ad andare a scuola, un aumento o la comparsa di difficoltà di concentrazione, un peggioramento nel rendimento scolastico, la richiesta di cambiare strada per arrivare a scuola, un cambiamento nelle abitudini alimentari, crisi di pianto o rabbia, la tendenza a rimanere silenziosi o cupi, il malessere fisico (ad esempio mal di testa, mal di pancia, mal di stomaco), la riduzione delle uscite con gli amici, la preoccupazione eccessiva che qualcuno possa accedere e leggere le chat sul proprio cellulare.
A tali fattori, che in generale segnalano la presenza di un disagio emotivo, si aggiungono poi i segni evidenti delle modalità tipiche del bullismo tradizionale, come la presenza di graffi, lividi sul corpo, vestiti sporchi o strappati, la richiesta di soldi a fini non chiari, la perdita di oggetti personali. Osservare tali segnali implica per i genitori la necessità di stabilire tempestivamente un canale comunicativo ad hoc sia con coloro che quotidianamente hanno a che fare con il ragazzo, in primis gli insegnanti, sia con il bambino o il ragazzo stesso, al fine di comprendere bene la situazione, fornendo una base sicura cui affidarsi e senza essere giudicanti, per non inibire ulteriormente la vittima.
L’apertura al confronto e al dialogo diventano allora gli strumenti principali con cui contrastare tali fenomeni, affinché il disagio possa essere riconosciuto il più precocemente possibile, accolto, compreso e possa poi trovare le vie più efficaci perché i ragazzi possano uscirne.
D. Quali sono le conseguenze dell’essere costantemente sottoposti ad episodi di bullismo e/o cyberbullismo?
Bullismo e cyberbullismo, a seconda della loro gravità e frequenza, comportano gravi conseguenze per le vittime e la società nel suo complesso, poiché impattano pesantemente sul benessere psicologico, con conseguenze estremamente dolorose, mortificanti e nocive in termini di salute: bassa autostima, ansia, depressione, disturbi del sonno, aggressività, senso di impotenza, comportamenti autolesivi, sintomi post traumatici da stress. Tra le possibili conseguenze psicologiche del cyberbullismo vi è anche la “sindrome di Hikikomori”, un isolamento sociale volontario che può essere preceduto proprio da episodi di bullismo e cyberbullismo. L’essere bersaglio delle prepotenze del bullo, ripetutamente nel tempo, instaura una forma di vittimizzazione che può aggravarsi fino alla messa in atto di condotte auto-aggressive, come attacchi rivolti al proprio corpo, e, nei casi più estremi, comportamenti autodistruttivi, come il suicidio. In altri casi, la vergogna e la mortificazione narcisistica possono trasformarsi in un ostacolo insormontabile nell’affrontare i compiti di crescita.
Se, nel complesso, bullismo e cyberbullismo sembrano avere lo stesso impatto negativo sulle vittime, probabilmente il cyberbullismo può essere anche più pericoloso. Infatti, normalmente i genitori sono esclusi dalla vita digitale dei figli, e molto spesso non ne comprendono affatto le logiche. Ogni qualvolta il materiale, mezzo dell’aggressione virtuale, finisce in rete, è difficile che venga rimosso o cancellato, rinforzando il senso di impotenza della vittima, elemento tipico anche nel bullismo tradizionale. Il disimpegno morale e la mancanza di empatia, che caratterizzano il comportamento del bullo online, potenziano l’impatto negativo che queste azioni comportano.
D. Quali sono i percorsi di cura che i pazienti seguono per superare queste violenze?
Per contrastare efficacemente il cyberbullismo e il bullismo è necessario un approccio multi-dimensionale, che comprenda la sensibilizzazione e l’educazione in una fase di prevenzione primaria, la presa in carico psicologica e l’azione legale in una fase successiva, dove vittima e bullo sono già stati delineati quali attori del processo. Le parole chiave sono: prevenzione, aiuto, educazione.
Le vittime di bullismo offline e online possono trovare un sostegno e un’opportunità di cambiamento grazie ad un intervento psicologico (sostegno psicologico o psicoterapia), generalmente individuale ma con il coinvolgimento di famiglia e scuola (in particolare il gruppo classe). Lo scopo è aiutarle a costruire una prospettiva positiva sul futuro, promuovere la ripresa di attività piacevoli, migliorare l’autostima, ridurre l’ansia, migliorare e stabilizzare l’umore, sviluppare competenze sociali.
E anche il (cyber)bullo dovrebbe avere la possibilità di ricevere un aiuto psicologico, per aumentare le competenze emotive, la responsabilizzazione individuale e i comportamenti prosociali.